Il primo The Economist del 2011 ha al suo interno un articolo molto interessante che si intitola appunto "A tagled web".
Parla della nuova riforma FCC circa la "network neutrality". La network neutrality non riguarda i contenuti della rete ma il mezzo di trasmissione. Negli States è un problema molto sentito anche politicamente per la mancanza di competizione per le offerte di connettività.
Il problema principale è la "pay for priority". Significa che le compagnie potrebbero favorire il traffico di un utente che paga di più rispetto a chi paga una tariffa inferiore. L'articolo descrive la situazione attuale, dopo la riforma, e denuncia come questo problema sia stato elegantemente trascurato. Recita infatti che sono "proibite discriminazioni non ragionevoli" lasciando all'intelligenza dei provider la definizione di "discriminazione ragionevole".
Ciò su cui mi vorrei concentrare però è la situazione italiana e paragonarla a quella statunitense.
Per prima cosa l'articolo dell'Economist mette in rilievo quanto la questione regolamentata dalla FCC sia sentita politicamente e che posizioni tengono i due schieramenti. In Italia il problema della "network neutrality" non è minimamente percepito dalla classe politica. È evidente se si pensa a quanto Telecom sia stata in grado di fare il buono e il cattivo tempo. Chi sta per dire "Fastweb" non lo dica.
Secondo, ma non meno importante, problema è la mancanza di infrastrutture tali da garantire a tutti gli utenti una velocità dignitosa. In alcune zone d'Italia non arriva il segnale ADSL. Questo è solo un reminder perchè il problema è vecchio come internet.
La liberalizzazione delle reti wi-fi nelle piazze è un evento importante ma credo che sia solo un granello dell'immensa spiaggia chiamata "avanzamento tecnologico". Siamo un paese tremendamente indietro anche per quanto riguarda la connettività. Cerchiamo almeno di imparare dagli errori che gli altri stanno facendo con alcuni anni di anticipo rispetto a noi!
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